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Cani randagi in India: una prima misura molto contestata
Due settimane fa, i giudici avevano ordinato di catturare 5.000 cani randagi nelle aree più a rischio della capitale e delle città vicine. La misura avrebbe dovuto affrontare l’emergenza aggressioni ai danni delle persone, ma si era subito scontrata con una forte opposizione. Le critiche si erano concentrate su due punti: da un lato il benessere degli animali, che rischiavano di essere rinchiusi in strutture sovraffollate; dall’altro la mancanza di spazi adeguati, visto che la capitale non dispone di canili in grado di accogliere un numero così elevato di esemplari.
Pressioni sociali e risposta dei giudici
La protesta di cittadini e associazioni ha avuto un ruolo determinante. Molti hanno sottolineato che la cattura di un numero così ridotto di animali non avrebbe inciso sul fenomeno del randagismo, stimato in centinaia di migliaia di esemplari. Inoltre, la costruzione di nuove strutture nel giro di poche settimane era apparsa da subito impraticabile.
La nuova linea: sterilizzare e vaccinare
Alla luce delle pressioni e delle evidenti difficoltà logistiche, la Corte suprema ha scelto – in tema di cani randagi in India– di cambiare strategia. I governi locali dovranno ora concentrare gli sforzi sui programmi di sterilizzazione e vaccinazione di massa, con l’obiettivo di ridurre gradualmente la crescita della popolazione canina e contenere i rischi sanitari legati alla diffusione di malattie come la rabbia. La decisione rappresenta un compromesso tra esigenze di sicurezza pubblica e tutela del benessere animale. Resta però aperta la questione delle risorse: per rendere efficace il nuovo piano serviranno fondi, strutture veterinarie adeguate e un coordinamento tra le diverse amministrazioni.